Una pagina di Franco Venturi suggerita da Dora Marucco.
Brano tratto da “F. Venturi - La democrazia in Italia. Note di uno storico” (testo pubblicato in traduzione russa 11 settembre 1984, ora in F. Venturi, Scritti Sparsi a cura di G. Franzinetti ed. Tortarolo, Torino Nino Aragno 2022, pp 429 - 430
In mezzo alle macerie del fascismo due pilastri restavano in piedi, malgrado la forte scossa impressa anche dalla resistenza, e cioè lo stato e la chiesa. Lo stato era addirittura spezzato in due, tra nord e sud, e una guerra civile ne era risultata. Eppure lo stato, la sua burocrazia, la sua lentezza, la sua inefficienza tornò immediatamente a galla, appena finita la guerra. Da monarchico divenne repubblicano, da strumento di dittatura si fece costituzionale. Ma per mille aspetti non mutò. L'epurazione degli elementi compromessi col fascismo fu del tutto insufficiente (anche grazie alle disposizioni volute da Togliatti quando era ministro della giustizia). Mancò qualsiasi tentativo di creare uno stato diverso e nuovo, di fondare scuole per i funzionari, fissare criteri di selezione e di controllo che non fossero quelli polverosi e corporativi del passato. Tutto lo sforzo della classe dirigente si concentrò sulla costituzione, questo palladio della libertà riconquistata. Costituzione effettivamente democratica, capace di garantire i diritti dei cittadini e dei gruppi, profondamente liberale, ma di cui ora, dopo quasi quarant'anni, scorgiamo chiaramente i limiti e i difetti. Il culto del diritto e delle sue forme, che la ispirò, nasceva da una naturale e sacrosanta reazione contro l'arbitrio fascista. Impedì tuttavia al legislatore e in genere alla classe politica italiana di guardare ad alcuni problemi sostanziali, i poteri del governo, la legge elettorale, la regolamentazione del diritto di sciopero, il carattere e i limiti dei sindacati - questioni tutte che furono rimandate al futuro della costituente e che attendono ancor oggi una risposta. Nell'atmosfera di entusiasmo della rivoluzione democratica parve si dovesse scegliere il più bel modello di costituzione, il più giusto ed elegante, dimenticando quanto difficile sia la democrazia nel mondo moderno, non tenendo presente abbastanza gli esempi della repubblica di Weimar, della terza repubblica francese, della repubblica spagnola. L'Italia si trovò presto ad essere, con le evidenti eccezioni di Israele e della Francia (e anche questo parve un momento piegare sotto il gaullismo) l'unico paese democratico del Mediterraneo. L'allargarsi ad altre nazioni della democrazia, negli ultimi decenni, è stato uno degli elementi essenziali che ha permesso la continuità democratica della vita politica italiana e la sua diretta ed attiva partecipazione alla comunità europea e, attraverso i suoi lavoratori, alla ripresa economica dell'Europa.